Come l’abito diventa opera d’arte:
le rispettive definizioni logiche di artigianato ed arte s’imperniano sul concetto di funzionalità: se è funzionale è artigianato, se non è funzionale è arte. La principale argomentazione contraria all’elevazione della moda al rango di arte è stata tradizionalmente quella della sua funzionalità. Furono soprattutto gli artisti a opporsi con maggiore forza alla domanda se la moda potesse essere una forma d’arte, poiché per essere arte, la moda dovrebbe essere un’espressione diretta di chi la indossa, invece in realtà è l’espressione di un’idea del designer.
Fu solo negli anni Ottanta che il dibattito tra moda come arte e moda come artigianato si potè trasferire in un ambito pubblico più vasto con il contributo di due potenti istituzioni: le riviste d’arte e le mostre di moda. Tuttavia, nessuna delle due fornirono alla moda la leggittimazione che stava cercando. Un certo sostegno venne invece dalla teoria, dove varie proposte giustificarono l’inclusione della moda nel pantheon delle sorelle arti. Se rovesciamo la domanda e ci chiediamo se un’opera d’arte possa essere considerata artigianato, la risposta è indubbiamente affermativa.
Paul Poiret , grande amante dell’arte. Per lui gli artisti couturier facendo lo stesso mestiere. Il paradosso legato alla natura della moda consiste nel fatto che gli abiti sono oggetti funzionai prodotti in massa per il consumo ordinario, e che solo i capi esclusivi della haute couture possono aspirare allo status d’arte.
Per Madeline Vionnet la sartoria era un’arte. Ella ha inventato una tecnica complessa, drappeggio, grazie alla smielatura con cui i vestiti venivano prodotti a partire da tre forme , quadro, cerchio e triangolo- il risultato era una struttura modernista.
Elsa Schiaparelli invece, veniva considerata la sola vera artista della haute couture, pittrice e scultrice, prima ancora d’essere creatrice di moda. Fu considerata da Balenicaga “la sola vera artista dell’haute couture”, nel mondo nell’arte fu definita “una superba dell’arte “, prima ancora d’essere creatrice di moda. La sua collaborazione più nota fu quella con il surrealista Salvador Dalì che portò alla creazione dell’abito di organza con aragosta dipinta , direttamente ispirato al Telefono aragosta dell’artista.
Elsa Schiaparelli e Salvador Dali collaborano e coispirano. Il “Tears Dress” della “Circus Collection” di Elsa Schiaparelli del febbraio 1938 fu uno dei numerosi pezzi d’avanguardia che Schiaparelli creò con il famoso surrealista Salvador Dalì. L’abito presenta lacrime trompe l’oeil .
L’arte esce dai musei. Quadri famosi hanno invaso le passerelle per fare la loro apparizione su borse e scarpe da indossare ogni giorno.

Louis Vuitton ha ampliato la collezione Masters, realizzata in collaborazione con l’artista Jeff Koons: un omaggio a Monet, Manet, Turner, Gauguin, Boucher.


Seguendo lo stesso trend, anche Dr. Martens ha realizzato diverse collezioni ispirandosi alle opere dei vari Hogarth, di Paolo, Di Antonio, William Blake
William Blake Hogarth Di Antonio
Arte e moda hanno avuto, nel corso della storia, reciproche influenze. Correnti artistiche e singoli pittori sono stati fonte di ispirazione per vari stilisti, che hanno fatto rivivere con le loro collezioni quadri famosi e universalmente apprezzati.
Partiamo dal 1965 con gli abiti di Yves Saint Laurent ispirati a Piet Mondrian, Il 1966 è stato l’anno della collezione «pop art». Ancora di Saint Laurent gli abiti dedicati alle opere di Henri Matisse La Gerbe e L’Escargot, e le due giacche ispirate ai quadri di Vincent Van Gogh Girasoli e Iris. Il pittore olandese ha ispirato diversi fashion designer nel corso degli anni.

Vincent van Gogh , Vasi con girasoli, 1889, olio su tela, 95×75 cm, Amsterdam, Van Gogh Museum.
In questa composizione , il vasi con i fiori è collocato in primo piano e l’unica indicazione spaziale è data dalla linea orizzontale che sopra il piano d’appoggio dello sfondo. I gialli cromo in tutte le variazioni di tono e intensità sembrano esplodere.

Anche quadri con motivi religiosi. Sacro e profano si incontrano sugli elegantissimi abiti di Dolce&Gabbana, che hanno tratto ispirazione dai mosaici delle chiese siciliane…

…e con l’eccentrico Alexander McQueen, che ha riportato alcune scene dei dipinti di Hieronymus Bosch su alcuni dei suoi capi.

Moschino si ispira al cubismo di Picasso.
Moschino’s spring/summer 2020.




Pablo Picasso, Guernica, 1937, olio su tela, 249×776,5 cm, Madrid, Centro de Arte Reina Sofia.
L’opera mostra, in uno spazio caotico e privo di impianti prospettico, costruito per sovrapposizioni di elementi, l’accavallarsi di tanti orrori: le case in fiamme, il terrore degli animali, i corpi dilaniati. Riprendendo idealmente l’iconografia dell’episodio biblico in cui si narra la strage degli innocenti, Picasso applica a un tragico evento di storia contemporanea alcuni principi propri del Cubismo. La tavolozza cromatica è ridotta la minimo, per una volontaria rinuncia del colore (simbolo di vita) che affida il messaggio del dipinto al drammatico contrasto tra il bianco e il nero. Condensando in una visione corale tutti i dolori, fisici, morali, generati dalla violenza. Questa opera è diventata un manifesto universale di protesta contro le guerre e le devastazioni volute dagli uomini.